Le divagazioni astrologiche di Emanuele Cangini a Casa Artusi di Forlimpopoli, nel corso della “cena del pastore e del casaro” hanno toccato mitologia e simbologia legate al segno del mese, ossia i Pesci

 

“Il segno dei Pesci e la corrispondente casa dodicesima, specie se occupata da aspetti infelici, hanno una pessima fama”. Esordisce così Emanuele Cangini, curatore di case editrici, divulgatore scientifico e studioso di astronomia e astrologia, nelle sue “divagazioni” di interludio nella cena a tema dello scorso febbraio al ristorante Casa Artusi di Forlimpopoli. Una consolazione per chi in questo periodo sta festeggiando il compleanno… E giustamente Cangini spiega: “I Pesci sono l’ultimo segno, quello che chiude il ciclo, il percorso umano. E’ un segno considerato spesso con qualche diffidenza, eppure è un segno “ricco”: a lui infatti sono legati ben tre miti, anziché i soliti due che troviamo per gli altri segni. Il glifo rappresenta due pesci, uno rivolto verso l’alto e uno verso il basso, a significare l’alternanza della caduta nella materia e l’evoluzione della materia stessa verso lo spirito, in un moto eterno che produce energia ma nel contempo resta immobile. Mosso da una forza centrifuga, il nativo dei Pesci è spesso descritto come un nevrotico, in cui l’energia è in continuo movimento ma nulla alla fine si sposta. E’ quello che avviene con l’acqua: il segno simboleggia la caduta nell’acqua, quindi nell’inconscio, nell’informe, nel regno dello spirito, quindi nell’immobilità e nella rinuncia e nel rifiuto. E’ proprio legato al tema del rifiuto e dell’espiazione il primo dei miti legati al segno dei Pesci, quello di Derceto. La ninfa, rimasta incinta, non accetta di avere un figlio e si butta nel mare, dove Poseidon la punisce proprio per non avere riconosciuto la genitalità e la genitorialità, trasformandola in una sirena, essere teriomorfo ed estremamente ambivalente. Il tema è quello della fuga: Derceto rifiuta la sua gravidanza, rinuncia a tutto il suo passato e viene punita per questo tradimento. E il tuffo nel mare rappresenta il ritorno al grembo materno.

Il secondo mito legato ai Pesci – prosegue Cangini – è quello di Eros e Afrodite. Eros e Afrodite vivono sulle rive dell’Eufrate,  si amano e sono felici, ma il crudele Tifone tenta di sedurre la giovane. Per salvarsi la dea si butta in acqua  insieme ad Eros e, proprio mentre stanno per annegare, Giove manda loro due delfini , che li traghettano oltre l’Eufrate, il confine del mondo. Giove fa salire in cielo i delfini, creando la costellazione dei Pesci. Il mito sta a significare che l’uomo può allontanarsi dai mali della terra ma non dimentica l’amore terreno, ed è quindi capace di accettare la sua antitesi interiore: molto combattuto, il Pesci è comunque in grado di “traghettare”.

Il terzo mito ricordato da Emanuele Cangini è quello di Cassiopea. La ninfa, moglie dell’etiope Cefeo era bella ma tremendamente vanitosa, tanto da sostenere di essere più bella delle Nereidi. Una nereide, moglie di Poseidone, chiede al marito vendetta e il dio delle acque manda il mostro Ceto a devastare l’Etiopia. Per fermare la strage occorreva un sacrificio e ad essere sacrificata fu la figlia di Cassiopea, Andromeda, a sua volta però salvata da Perseo. Il mito si lega alla simbologia dei Pesci, che, in nome dell’amore accetta anche i mostri, li reintegra e li risolve”.

 

La cattiva fama dei Pesci? Un mito da sfatare…
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