Il mondo di Nettuno esplorato in un articolo di Clara Tozzi, che prende spunto da “memorie di una geisha”

“C’è una poesia nel tempio, incisa sulla pietra, intitolata ‘La mancanza’. Ci sono solo tre parole ma il poeta le ha cancellate, perché la mancanza non si può leggere, si può solo avvertire”.

Guardando il film “Memorie di una geisha” di Rob Marshall (uscito in Italia nel 2006), dopo aver ascoltato questa frase mi sono sentita per tutta la durata del film catturata dentro ad una dimensione nettuniana, fatta di atmosfere un po’ magiche, appartenenti ad una cultura diversa e lontana, dove le cose sembrano sempre scivolare via, dove le memorie del passato possono confondersi con quanto non è mai esistito in quella forma…

La storia di questa donna giapponese inizia negli anni ’30, quando a nove anni perde la madre, e da quel momento parte un’onda (molto nettuniana…) che la allontana da tutto quello che conosceva, la sua casa, la sua città, il padre, la sorella maggiore. Ceduta dal padre, la piccola Chiyo si trova a vivere in una casa per geisha. La particolarità che la conduce verso il suo destino sta nella sua bellezza, a cui si aggiungono straordinari occhi grigio/azzurri estremamente rari in Oriente, che la rendono diversa da tutti gli altri. Questo colore, forse, era stato quello che aveva suggerito alla madre le parole con cui l’aveva sempre accompagnata quando era piccola, che le dicevano che lei era come l’acqua, dotata di quella particolare forza che la rende capace trovare in ogni condizione una possibilità per liberarsi e scorrere.

In un attimo Nettuno può mostrare la grandezza della nostra illusione: quella di avere sicurezze stabili nel tempo, di poter fare programmi, di disporre di qualche potere assoluto in quella vita che chiamiamo realtà.  Ci fa sperimentare i limiti che abbiamo, ma anche la capacità di andare oltre quel confine, entrando in mondi nuovi che un attimo prima sembravano lontanissimi da noi, pericolosi quanto affascinanti. Mondi in cui può prendere vita quanto altrimenti dentro di   noi sarebbe stato silenzioso e sconosciuto, diverso.neptune-2676495__340

 Chiyo sperimenta la solitudine, separata dalle   sicurezze e dalla protezione della famiglia, e si trova   a vivere all’interno di una comunità dove scivola   nella condizione di vittima: come punizione per aver   cercato di fuggire viene degradata a serva della   casa, costretta ai lavori più umili e soprattutto   lontana dalla possibilità di elevarsi al ruolo di   geisha. E’ a questo punto che, ancora bambina, fa   l’incontro con un giovane uomo che è molto gentile   con lei, la rassicura, le sorride, le offre un dolce, la fa   sentire speciale: è il “Direttore generale”, figura   idealizzata che sarà il suo oggetto del desiderio, l’amore da inseguire per tutta la vita. Nettuno non offre sicurezza e sperimentare la sua onda da piccoli può essere davvero drammatico, rende difficile la costruzione di qualcosa di stabile all’interno così come all’esterno, la propria realtà viene percepita difficile, inaccettabile. La fantasia può creare un mondo parallelo in cui rifugiarsi, un supporto invisibile che offre una nuova possibilità.

Poco dopo, la sua vita arriva ad una svolta improvvisa quanto imprevista, per l’intervento di una geisha di successo che sembra individuare  in lei grandi potenzialità, e che le offre di nuovo la possibilità di diventare anche lei una geisha. Si tratta di un lungo percorso di trasformazione nel corpo, nel portamento, nel modo molto particolare di truccarsi, che la vede studiare ed apprendere molte arti: dalla musica alla danza, dall’uso della voce e dello sguardo per sedurre all’arte della conversazione per intrattenere in modo colto, piacevole ed arguto i personaggi potenti che si avvarranno della sua compagnia. E’ un percorso che per anni richiede durissima disciplina e totale dedizione per arrivare alla padronanza delle numerose arti in cui  queste donne devono essere assolute maestre.

Una geisha è una donna artista, una donna che incarna un femminile in qualche modo mitico, che nulla ha a che fare con il femminile che accudisce, protegge e diventa moglie e madre. Una geisha che si vuole sposare può farlo solo smettendo di essere geisha, a conferma del fatto che si tratta di due polarità del femminile, proprio per questo apparentemente inconciliabili.

C’è una dialettica che si svolge tra VI e XII casa e che è visibile in molti particolari: prima nel vissuto infantile di solitudine e di sofferenza ( Nettuno/casa XII), poi nel lungo periodo dedicato all’apprendimento di tutte le arti che impara alla perfezione, con grande rigore e senso della disciplina  (Saturno, nella sua fase in VI casa), che renderà possibile vivere il ruolo di geisha e artista (di nuovo Nettuno), andando ad incarnare un ideale di armonia, bellissimo ma inafferrabile, davvero poco “umano”. Il portamento di una geisha deve essere insieme altero e sinuoso, lei non deve camminare ma scivolare sul terreno. I suoi piedi (altro simbolo nettuniano) devono essere curatissimi e nudi negli alti zoccoli, unica parte del corpo alla luce del sole, mentre tutto il resto è coperto dal pesante kimono.

Il percorso di Chiyo trova il suo compimento con una cerimonia rituale in cui cambia nome  in Sayuri, cerimonia in cui indosserà uno degli splendidi e preziosissimi kimono di seta che sono una delle caratteristiche delle geisha.

La rinuncia al suo nome  sembra sottolineare – in modo ancora molto nettuniano – un annullamento a qualche livello della propria identità, anche se bisognerà esplorare il significato  di questo rituale. Inoltre fino a quel momento la ragazza ha accumulato un grandissimo debito nei confronti della “madre” che gestisce la casa, che l’ha prima comprata e poi mantenuta per tutta la lunga e costosa preparazione. Dopo il rito di passaggio inizia l’impegno al risarcimento, che tiene legate (come in una prigione) per moltissimi anni  le geisha. Fino a quel momento infatti Sayuri non ha potuto decidere mai nulla di sé e del suo destino, completamente in balia delle decisioni della “madre” e della sua “sorella maggiore”, la geisha che si sta occupando del suo addestramento. Fintanto che il debito non verrà ripagato non ci saranno possibilità di sottrarsi alle decisioni di queste donne.

Il rituale per diventare geisha  ha molti elementi in comune con quello che veniva eseguito dai seguaci della dea greca del focolare, Estia. Hestia_GiustinianiNel mito Estia era una dea bellissima, figlia di Crono, che rifiutò di sposarsi  e chiese in dono a Zeus di essere “in ogni casa”, diventando così il simbolo del fuoco sacro benaugurale che rimaneva costantemente acceso in ogni casa, in ogni edificio pubblico e nei templi a lei dedicati, per garantire un senso d’identità e di appartenenza alla comunità. Come lei, anche le donne che dedicavano la loro vita al suo culto dovevano rimanere vergini ed il rito di iniziazione prevedeva la rinuncia al proprio nome ed  il taglio dei capelli, oltre che l’obbligo a vestire un abito particolare, uguale per tutte.

Tutto questo è simbolo del bisogno di mettere a fuoco i valori importanti, unico strumento per portare chiarezza in mezzo al caos; questo consente di  trovare un senso di unità ed una vera forza interiore. Questa forza è legata al trovare il significato della propria esistenza personale e del proprio ruolo nella collettività, quindi viene alimentata da qualcosa che non è esclusivamente personale, diventa un elemento che catalizza il senso stesso di appartenenza di tutte le parti di una società. Il simbolo del fuoco sacro rappresentato da Estia  mi sembra profondamente rivelatore del fatto che non bisogna cedere la propria identità per arrivare a Nettuno – simbolo della trascendenza spirituale – ma bisogna coltivare la vera essenza vitale che c’è all’interno di ogni persona. Ed ecco che nei segni nettuniani, in Pesci come in Sagittario, troviamo affiancato al dio degli abissi il fuoco di Giove, terzo pianeta di fuoco e massima espressione dello sviluppo dell’identità!

L’immagine archetipica di Estia si è mantenuta in vita nel tempo attraverso i riti con cui prendono  i voti le suore della religione cattolica, ma possiamo trovare grandi similitudini in altre religioni, che esprimono in questo modo l’attenzione focalizzata sull’unico interesse: coltivare la grandezza dell’interno ed il legame con la divinità superiore, che tende a diventare consapevolezza dell’appartenenza collettiva ad un unico organismo, che via via può essere la propria comunità, la propria cultura, per arrivare a comprendere sempre qualcosa di più ampio, qualcosa di universale che collega tutta l’umanità.

Estia è un archetipo lunare nettuniano che ha però anche delle profonde diversità con quello che la geisha rappresenta nella cultura giapponese. Estia è un femminile che rinuncia completamente al riconoscimento esterno e che vive totalmente all’interno, ha un grande bisogno dell’isolamento per mantenere il suo senso di unità, ed è piuttosto un potente simbolo di vita spirituale, che si realizza nella meditazione e nel distacco da quello che sembra importante nella realtà.

La geisha vive sicuramente un lato nettuniano del femminile, come i rituali che compie ci suggeriscono, ma  pur avendo delle connessioni con Estia la sua immagine è molto più legata al simbolo di Venere: potrebbe a mio avviso esprimere un lato di Venere in XII casa o in aspetto con Nettuno. Come le donne che servivano Estia comunque, anche le geisha  – almeno fino ad una cinquantina d’anni fa – cedevano una parte del loro bisogno di affermazione personale per andare a svolgere un ruolo collettivo, perché diventavano una parte stessa della cultura giapponese e contribuivano a dare un senso di appartenenza  e di identità al proprio popolo.

Dopo l’accesso a pieno titolo al ruolo di geisha, deve avvenire la sua iniziazione sessuale, che vede messa all’asta la sua verginità. Un uomo molto facoltoso paga una cifra enorme per averla, mentre Sayuri passa  con grande sofferenza dalla speranza che sia il “suo” Direttore generale a partecipare all’asta ed a vincerla, alla delusione perché questo sogno non si avvera. Diventa una geisha famosissima, ammirata e ricercata, e di conseguenza riesce a pagare il suo debito con la madre della casa e ad affrancarsi, ottenendo inoltre la sua “adozione”, che fa di lei la candidata ad ereditare un giorno il potere e la responsabilità delle  decisioni sulla casa.

La Venere nettuniana rappresentata dalla geisha giapponese fa pensare alla posizione che avevano le etere nell’antica società greca, cortigiane raffinate che erano infatti dedite al culto di Afrodite e che avevano accesso alla cultura e ad una libertà del tutto sconosciuta alle altre donne. Potevano uscire sole, frequentare i luoghi pubblici e soprattutto potevano gestire in autonomia le loro risorse economiche. Indubbiamente usavano la sessualità per avere questa indipendenza, però la loro immagine sociale era lontanissima da quella delle odierne prostitute, e la loro influenza sugli uomini che le frequentavano era grandissima. Queste donne erano quasi sempre  straniere, quindi già diverse anche come cultura, magari erano ex schiave che conquistavano in questo modo la libertà…un’ulteriore conferma del loro simbolismo collocato in ambito nettuniano, come le geisha.

Le geisha sono imprigionate fintanto che non hanno “pagato il loro debito”, allora conquistano autonomia e libertà. Questo simboleggia la prigione in cui è comunque rinchiuso il femminile fintanto che rimane dipendente a qualche livello. Questo aspetto riguarda la parte materiale, ma vedremo nel seguito che si pone un grandissimo problema anche a livello di dipendenza emotiva.

Il sacrificio della proprio libertà avviene infatti sull’altare dei bisogni non soddisfatti di appoggio, perché la nostra spina dorsale (Saturno) non è ancora sufficientemente forte da permetterci di camminare da soli, semplicemente affiancati a qualcuno con cui condividiamo il viaggio.

Intanto arriva la seconda guerra mondiale, con l’esperienza della fuga dalla città e del duro lavoro quotidiano per salvarsi la vita e per riuscire a sopravvivere alla fame. Al termine della guerra a Sayuri viene proposto di riprendere i suoi panni di geisha per conquistare un alto ufficiale americano (che ha il potere di indirizzare risorse a industrie giapponesi), cosa che lei accetta nella speranza di offrire un aiuto alla ripresa economica dell’azienda per cui lavora il “suo” Direttore. In questa circostanza cerca anche di liberarsi di una scomoda protezione da parte di un amico del Direttore, ma subisce il tradimento di una vecchia compagna, così tutto sembra precipitare. Quando ormai si è rassegnata a non poter realizzare il suo sogno d’amore, il Direttore generale riappare e si propone come suo “danna”, il protettore/amante che spesso si trova una geisha, e quindi sembra possibile coronare il suo desiderio di sempre…ma è pur sempre una geisha, e potrà essere solo “una moglie a metà”, non inserita nella vita reale e quotidiana dell’uomo che ama.

Come geisha Sayuri sembra condannata a non poter avere una famiglia, almeno non in senso normale e/o tradizionale, in  appoggio ad una certa concezione di matrimonio che sembra proprio collocata in VI casa. Come una Venere nettuniana sembra non poter raggiungere pienamente quello che vorrebbe, sembra che debba sacrificare qualcosa. Il suo uomo è sposato, ha una sua famiglia, e quando lei passa dall’essere una geisha libera ad essere la “sua” geisha è costretta a rendersi conto che non può raggiungere un senso di completezza attraverso la relazione con lui. E’ vero che altre geisha si sposano, ma solo tornando donne normali, diventando ex geisha, appunto….Cerchiamo di andare più a fondo di questo legame che sembra esserci tra Nettuno e l’impossibilità di “avere  tutto”, che fin dalle prime battute ci ha visto collegarlo alla parola “mancanza”.

Si dice che Nettuno sia illusione, ed è del tutto nettuniana  l’illusione che nasce dalla ricerca di Sayuri di qualcosa che non può trovare nella realtà, l’atmosfera romantica, il sogno dell’amore perfetto che serpeggia per tutto il film. Non ci mettiamo molto a comprendere che nella nostra protagonista  in realtà non c’è interesse per un uomo vero, quanto per l’immagine di un uomo che lei spera possa restituirle tutto quello che ha perso nell’infanzia: l’amore materno ed incondizionato, la protezione, lo stato di beatitudine e di sicurezza che deriva dall’avere qualcuno che provvede a tutti i propri bisogni. Ma l’amore incondizionato e protettivo è, appunto, solo materno, ed è qualcosa di molto diverso dall’amore a cui Venere dovrebbe condurre un uomo ed una donna, basato sullo scambio. Si può arrivare ad incontrare l’altro, anche se con Nettuno la parte ideale dell’altro supera tantissimo la parte reale, e riuscire a mettere la relazione con lui nella realtà (nel senso di farla diventare ‘normale’)  significa rischiare fortemente di trovare qualcosa di molto diverso da quello che si pensava….e all’illusione di poter ritrovare tutto attraverso di lui sembra dover seguire necessariamente la delusione.

Ed allora il lungo lavoro di addestramento che compie la geisha possiamo vederlo davvero come una metafora della costruzione di una struttura interna che prima non c’era, conquistata così come si conquista qualsiasi crescita: lavoro, disciplina, impegno, dedizione. Oltre al significato collettivo di questo lavoro (che c’è sempre con Nettuno) c’è anche la possibilità per questa donna di diventare indipendente materialmente ed emotivamente, capace di definirsi, di darsi un valore e quindi di scegliere cosa fare della sua vita, facendosi carico delle responsabilità che ne conseguono. La sua grande sensibilità che, insieme al grande lavoro su di sé, le ha permesso di diventare una grande artista,  è qualcosa che la spinge a cercare qualcosa di più grande, che forse ancora non sa cos’è ma di cui percepisce comunque la mancanza.

La possibilità di “essere una moglie a metà” sembra allora la via (imperfetta) per vivere un femminile che non contenga SOLO la relazione con l’altro, ma che le consenta di conservare spazi personali per continuare a cercare questo qualcosa di sé che vada oltre la coppia. In qualche modo l’amore nettuniano si rifiuta di stare dentro ai lacci inevitabili che sembrano prevedere le storie d’amore “realizzate”, fatte di quotidiano, di normalità, di lavoro e conti da pagare, di tante cose che riportano a terra dopo aver sfiorato dimensioni fantastiche. E’ un amore diverso e per Nettuno ogni diversità va bene ed è accettabile, perché il suo ruolo sembra quello di accogliere (esaltazione della Luna in Pesci) tutto quanto è stato estromesso dalla coscienza  ma che serve ed è indispensabile per riportare ad un senso di unità. E’ questo che Nettuno insegue, un senso di unità che si può percepire solo attraverso una ricerca spirituale e che si può esprimere solo attraverso l’espressione artistica o attraverso il lavoro per gli altri, o comunque utile per la collettività.

Una Venere nettuniana sembra spesso legata alla sofferenza per qualcosa che non riesce ad avere, o che si rivela diverso da come si aspettava, da qui l’idea di sentirsi una moglie a metà, lontana dalla propria integrità. Però il suo scopo è cercare un riempimento per la propria sensazione di vuoto, qualcosa che può arrivare dal dare un significato alla propria esistenza.

Quello a cui deve spingere infatti è a  trovare un collegamento tra quello che sente di essere e quanto invece riesce ad esprimere di sé nel mondo, trascendendo le difficoltà di comunicazione tra questi due piani e trovando nello stesso tempo un modo per conquistare maggiore libertà.

 

Articolo pubblicato su “Albatros” (2009)pubblicazione di Eridano School

La dimensione nettuniana nelle “memorie di una geisha”
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