Il macabro, il sangue, il segreto oscuro, gli abissi della follia, chi più ne ha più ne metta. Sono gli ingredienti presenti in tutti i romanzi di Jean – Christophe Grangé, romanziere “noir” da tempo in cima alle classifiche, anche grazie al successo dei film (il primo è stato “fiumi di porpora”) tratti dai libri. Narratore di classe anche dal punto di vista strettamente letterario – in questo caso il giallo è tutt’altro che un “sottogenere” – l’intreccio resta sempre al centro dell’opera, senza dimenticare però la caratterizzazione psicologica dei personaggi. Nessuna cesura tra buoni e cattivi: anche il poliziotto ha i suoi tormentosi segreti, le sue ossessioni. Se si supera l’effetto “grand Guignol” delle orrifiche descrizioni dei delitti (mai un solo cadavere…) si apprezza il nocciolo stesso della storia: l’indagine profonda della relazione tra bene e male, le motivazioni tanto profonde da essere inspiegabili che portano alla crudeltà, al delitto. Il tutto come filo conduttore di storie raccontate peraltro con grande lucidità intellettuale, non come se l’autore fosse sotto l’effetto di una crisi di angoscia. In altri termini, come se il processo del raccontare rappresentasse il modo di liberarsi delle proprie paure, oggettivandole, e da questo processo fosse emersa una persona completamente in grado di vivere nella realtà ricavandone onesta soddisfazione. Sono alcune interviste a Jean Christophe Grangé a confermare esattamente questo aspetto. Lo scrittore lo racconta così: “c’è qualcosa di profondo che mi spinge a voler raccontare una storia piuttosto che un’altra. Qualcosa dentro di me: la mia ricerca ossessiva attorno ai temi della memoria, dell’identità, del bene e del male deriva, me ne rendo conto, dalle mie angosce insolute. Delle quali evidentemente voglio parlare, magari in un’ottica terapeutica e catartica. Ho vissuto ben presto con i miei genitori l’esperienza della morte e della malattia mentale, e questo ha lasciato in me dei segni indelebili, non tanto in quanto sofferenze ma in quanto eredità: mi rendo conto di assomigliare più di quanto vorrei a mio padre, le mie ossessioni erano anche un po’ le sue”.

Il tema natale – 15 luglio 1961 alle 19.40 a Boulogne Billancourt – presenta il Sole in Cancro, la Luna in Leone e l’ascendente in Capricorno.

Nettuno è al Medio Cielo e Saturno in 1° casa, seguito da Giove a pochi gradi di distanza. In più, si osserva una netta opposizione tra Sole e Saturno tra Cancro e Capricorno, con Saturno in domicilio. La dolcezza cancerina è sottoposta a dure restrizioni…

Dopo avere letto i romanzi di Grangé, non è sorprendente trovare una stretta congiunzione tra Marte e Plutone, in Vergine e in 8° casa: crudeltà, macabro, ossessione, morte violenta, efferati delitti: un intero manuale sugli effetti perversi della paura negli esseri umani. Ma Grangé, in quanto persona, è uno scrittore di successo, che si dichiara realizzato e soddisfatto della sua vita. In ogni caso, tutt’altro che un criminale… 

In altri termini, astrologicamente, si dimostra che la stessa posizione si esprime simbolicamente a diversi livelli. Se mai pulsione alla violenza e alla crudeltà ci fosse all’inizio, la questione è se sia possibile elaborarla e sublimarla. Si può ipotizzare, osservando il tema natale, che l’agente utilizzato per tale rielaborazione sia Mercurio. Grangé per i suoi primi dieci anni lavorativi è stato un giornalista, autore di viaggi – inchiesta in giro per il mondo. Mercurio in Cancro, potenziato dal quinconce con Giove, forma un sestile con Marte e Plutone – “raccontare / Mercurio”, la violenza / Marte + Plutone – e contemporaneamente un trigono con Nettuno / immaginazione, trasfigurazione. La capacità di “raccontare” è espressa dalla configurazione tra Venere in Gemelli (capacità comunicativa) in quinconce a Nettuno e in trigono a Giove, aspetto questo che controbilancia con il suo significato di “grande umanità”,  le relazioni tra i pianeti più cupi. Lo esprime lo stesso Grangé: “Nel momento in cui mi viene in mente l’idea per un libro, è sicuramente un’idea molto, molto nera. Detto questo, nella mia vita quotidiana sono una persona estremamente diversa da quello che scrivo. Probabilmente è come se nella mia mente ci fosse un equilibrio: più la mia fantasia è dark, più il mio animo è sereno”. 

Mercurio è il pianeta che forma il maggior numero di configurazioni, e si può quindi ipotizzare il ruolo centrale della mente nella gestione delle pulsioni istintuali, la capacità di filtrarle e renderle “parola”. Certo,parole che esprimono tormento, dolore, problematiche profonde, ma sempre si tratta di  parole, e non di sangue vero…

Marte, Plutone e la catarsi letteraria: Jean – Christophe Grangé
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